Edgar Allan Poe sullo schermo: i tributi di Roger Corman, Tim Burton e I Simpson
Traduction de Annamaria Martinolli
Il presente saggio breve è tratto da Edgar Allan Poe (1809-2009). Doscientos años después, Cuenca: Ediciones de La Universidad de Castilla-La Mancha 2010, pp. 241-249. L’autore è il Professor Ángel Galdón Rodríguez. La traduzione è di Annamaria Martinolli.
Anche se l’eredità letteraria nelle arti plastiche già costituisce una disciplina della letteratura comparata, il presente studio si pone l’obiettivo di prendere in esame il legame esistente con altre forme artistiche, meno analizzate, quali sono le opere audiovisive appartenenti alla cosiddetta cultura di massa: il cinema (nella sua forma di cortometraggio e lungometraggio) e la televisione. In occasione del recente duecentesimo anniversario della nascita di Edgar Allan Poe, ho ritenuto interessante analizzare come, nel corso della loro pur breve vita, queste opere creative già presentino al loro interno alcuni importanti tributi allo scrittore, andando ad approfondire una linea di ricerca che, finora, ha conosciuto uno sviluppo limitato[1]. Considerata l’entità di un lavoro di questo tipo, il mio settore di studio sarà qui circoscritto a un campione delle principali forme audiovisive della cultura di massa. In primo luogo, per quanto riguarda l’eredità di Edgar Allan Poe in ambito cinematografico, mi focalizzerò sul modo in cui Roger Corman si è avvalso dell’opera dello scrittore, con una lunga filmografia (1960-1965) che, già di per se stessa, potrebbe diventare oggetto di un singolo studio. In seguito, mi occuperò del regista Tim Burton in modo da poter evidenziare i diversi riferimenti a Edgar Allan Poe riscontrabili nel suo cortometraggio Vincent (1982). Infine, passando all’ambito televisivo, prenderò in esame le due allusioni contenute nelle puntate de I Simpson (1990 e 1994). I tre esempi di cui sopra, riferiti al lungometraggio, al cortometraggio e alla televisione, sono sufficienti a farsi un’idea chiara dell’importanza rivestita da Edgar Allan Poe nella cultura di massa.
Visto e considerato che la letteratura comparata è una delle linee di ricerca filologica più proficue, distintasi per questa sua caratteristica soprattutto durante la seconda metà del XX secolo, con il passare degli anni si è sviluppata la necessità di espandere l’ambito di studio comparatista a un fenomeno che sta assumendo un’importanza sempre maggiore: la cultura di massa. La letteratura comparata comprende al suo interno una sottodisciplina che si occupa di analizzare il rapporto tra i testi e le altre forme d’arte, come specificato da Emilia Pantini nello studio diretto da Armando Gnisci:
Oggigiorno è la letteratura comparata a prendere in esame i reali punti di incontro tra le diverse discipline artistiche e a cercare di spiegare le ragioni di determinate scelte e quegli incontri felici (e infelici) che si concretizzano in opere d’arte (2002:216)
In questa mia analisi mi focalizzerò su un aspetto riguardante il suddetto legame tra letteratura e arte già specificato da Claudio Guillén nel suo Entre lo uno y lo diverso, dove l’autore afferma che il valore dello studio di questo rapporto dipende dalla genetica testuale delle opere esaminate (1985:133). Questa analisi genetica si rivela valida in quanto, al giorno d’oggi, la cultura di massa domina il consumo culturale delle classi medie che, in molte occasioni, ricevono la letteratura sotto forma visiva.
Anche se gli studi di letteratura comparata hanno raggiunto un ottimo livello di sviluppo, come del resto l’analisi della cultura di massa, il rapporto tra letteratura e cultura di massa non costituisce ancora una linea di ricerca approfondita. Di conseguenza, la bibliografia relativa all’importanza ricoperta dalla letteratura in ambito cinematografico e televisivo, come nel caso esaminato da questo studio, è alquanto scarsa. Nel confrontarci con questa analisi si è quindi fatto soprattutto ricorso a materiali costituiti da ricerche molto concrete (e, come ho già detto, scarse) che trattano, in modo sintetico, la presenza di determinati autori in determinate opere. Ragion per cui, uno studio di questo tipo può aprire la strada a future ricerche e approfondimenti.
Edgar Allan Poe e il lungometraggio: Roger Corman
Roger Corman è il primo regista che analizzeremo in questo contesto. Nato nel 1926, la sua carriera si sviluppa intorno ai decenni centrali del XX secolo quando diventa famoso, come segnalano Emilio García e Santiago Sánchez: “grazie a una serie di adattamenti dei racconti di Edgar Allan Poe” (2002:286). Una delle caratteristiche che contribuirono al successo di Corman, nel mondo della celluloide degli anni Cinquanta del XX secolo, fu la sua capacità di realizzare pellicole in grado di rendere il massimo con pochi mezzi, qualità che, probabilmente, era molto apprezzata dai produttori nordamericani di quel periodo. La rapida ascesa di Corman fu, di fatto, motivata dal suo modo intelligente di sfruttare il budget e i materiali disponibili e dalla velocità con cui portava a termine le riprese. Era il 1960 quando Corman iniziò a concepire Edgar Allan Poe come un filone narrativo in grado di adattarsi perfettamente alle caratteristiche di quel cinema che lui stesso voleva dirigere (malgrado le critiche che tali pellicole avrebbero potuto ricevere). Fu così che la American International Pictures, che in quel periodo produceva le opere di Corman, gli affidò le riprese di The House of Usher[2] (in italiano nota con il titolo I vivi e i morti) (1960). In seguito all’accoglienza piuttosto scettica del pubblico, il regista pretese dalla casa di produzione un maggiore sforzo economico, visto e considerato che stava lavorando sui testi di uno degli autori più osannati della letteratura nordamericana. Dopodiché si dedicò alle riprese di The Pit and the Pendulum (Il pozzo e il pendolo) (1961) facendosi notare, come sottolineano García e Sánchez (2002:286), per “l’eccezionale atmosfera e l’ottima narrazione visiva”. La serie fu poi completata da The Premature Burial (Sepolto vivo) (1962), The Raven (in italiano nota con il titolo I maghi del terrore) (1963), The Mask of the Red Death (La maschera della morte rossa) (1964) e The Tomb of Ligeia (La tomba di Ligeia) (1965).
Se si tiene conto del metodo di lavoro di Roger Corman, è facile intuire che le riprese di questi lungometraggi furono veloci e comportarono il massimo sfruttamento delle risorse economiche disponibili. Per fare un esempio concreto, basti pensare che il castello che compare in ognuna di queste opere è sempre lo stesso e che anche i costumi di scena furono riutilizzati. Allo stesso modo, molti attori furono inseriti nel cast di non una ma più pellicole. Il risultato che ne derivò fu un gruppo di persone capaci di realizzare una serie di sette lungometraggi, sei dei quali basati su testi di Edgar Allan Poe, con una maggiore o minore fedeltà alla letteratura di partenza. Per far sì che queste produzioni a basso costo ottenessero un certo successo commerciale, Roger Corman si avvalse della collaborazione di una delle star dello schermo in modo da attirare il pubblico necessario a rendere i titoli redditizi: Vincent Price. Fu così che, dopo I vivi e i morti del 1960, Corman riuscì a portare avanti i suoi adattamenti cinematografici delle opere di Poe fino al 1965 completando, in questo modo, la serie di cui sopra.
Le ragioni che indussero Roger Corman a scegliere proprio Edgar Allan Poe, come fonte di ispirazione delle sue pellicole, furono principalmente due: il fatto che il cinema del terrore, all’epoca, era molto remunerativo e le scarse difficoltà incontrate nell’adeguare i testi di Poe a questo genere cinematografico[3]. Così, se da una parte l’incursione di Corman in simili tematiche incontrò pochi ostacoli da parte della casa di produzione che concedeva i finanziamenti, dall’altro i testi dell’autore americano facevano affidamento su un linguaggio ostentato ed esuberante e su un’ambientazione lugubre che ispirarono Corman nella concezione della sua filmografia, soprattutto se si tiene conto dell’influenza esercitata dalla letteratura gotica sullo stesso Edgar Allan Poe.
Come se non bastasse, dalla filmografia del regista americano fondata sui testi di Poe è possibile ricavare alcuni tratti caratteristici, come ad esempio tematiche ricorrenti dell’autore americano che si ritrovano in Roger Corman che su quei testi si è basato nel momento di concepire le sue pellicole. Indubbiamente, uno degli argomenti più reiterati è quello della sepoltura prematura. Di fatto, Corman dedica un titolo specifico a questa angoscia tipica dell’autore americano: Sepolto vivo (1962), anche se, la paura legata all’inumazione di persone ancora vive compare anche in altre pellicole: Il pozzo e il pendolo (1961); I vivi e i morti (1960); La tomba di Ligeia (1965). Un’altra costante dei racconti di Poe che Corman decide di riprendere è rappresentata dalla perdita della persona amata: Il pozzo e il pendolo, I maghi del terrore, La tomba di Ligeia.
Anche se I maghi del terrore (1963) costituisce un caso a parte, in quanto Corman trasforma il cupo poema di Poe Il corvo in una commedia (con un budget senza dubbio ancora più ridotto), questa breve analisi ci ha permesso di dimostrare l’esistenza di alcuni elementi comuni che il cineasta prende in prestito dallo scrittore bostoniano per poi elaborare le succitate pellicole e restituirci, così, la più lunga serie visiva finora realizzata a partire dalle opere di Edgar Allan Poe. La prova definitiva dell’importante ruolo svolto da Poe nel cinema di Corman consiste nell’inserimento, da parte del regista, di alcuni frammenti dei testi di Poe a conclusione delle sue pellicole.
Edgar Allan Poe e il cortometraggio: Tim Burton
Prima di procedere con l’analisi dell’influenza esercitata da Edgar Allan Poe su Tim Burton, vale la pena evidenziare un dato importante, e cioè che il cortometraggio è una delle creazioni visive che maggiormente si è ispirata all’autore di La caduta della casa degli Usher. Ne consegue, che il numero di cortometraggi realizzati a partire dai racconti dello scrittore (o basati sul suo poema Il corvo) è molto rilevante. Tra questi, Il cuore rivelatore è certamente la storia più sfruttata dai registi impegnati a realizzare pellicole di breve durata.
Nell’ambito del cortometraggio, è importante tenere conto del contributo fornito da Tim Burton agli inizi della sua carriera quando trovò una fonte di ispirazione in due degli elementi centrali di questo studio: Edgar Allan Poe e Vincent Price (protagonista, come già specificato in precedenza, delle pellicole di Roger Corman). Tim Burton, prima ancora di raggiungere la notorietà, decise di realizzare un cortometraggio d’animazione in stop-motion[4] dove la fantasia andava di pari passo con i ricordi autobiografici della sua infanzia. Il cortometraggio Vincent prende il nome dal suo protagonista ma anche da Vincent Price, poiché l’intenzione del regista era appunto quella di rendere omaggio a questo attore:
While other kids read books like “Go Jane Go”,
Vincent’s favorite author is Edgar Allan Poe[5]
Il protagonista assume quindi le fattezze del suddetto artista e i giochi che svolge in camera sua sono direttamente rapportati all’azione delle pellicole di Roger Corman.
Tuttavia, il legame è ancora più profondo di quanto si potrebbe pensare e il cortometraggio presenta altri riferimenti di vario genere a Edgar Allan Poe. Andando con ordine, c’è innanzitutto il quadro che Vincent è intento a dipingere, allusione diretta a Eleonora (Il corvo). In seguito, Vincent si spaventa a morte all’idea di aver sepolto viva la sua sposa (La sepoltura prematura) e inizia comicamente a cercarla nel giardino fiorito di sua madre (ovviamente finendo in castigo). Poi, dopo il rimprovero e la punizione della madre, Vincent inizia a manifestare uno stato di apparente malattia, il che presenta un certo parallelismo con La caduta della casa degli Usher:
I am possessed by this house, and can never leave it again[6].
Dopo un secondo rimprovero della madre, Vincent si ritrova da solo nella sua stanza, luogo che egli, nella sua finta alienazione (come specifica la voce narrante), paragona alla cella de Il pozzo e il pendolo e che finisce per trasmettergli le stesse sensazioni provate dal protagonista del racconto:
While Vincent backed slowly against the wall,
The room started to sway, to shiver and creak.
His horrid insanity had reached its peak[7].
L’ultimo riferimento si trova alla fine del film, quando, dopo un attimo di angoscia, che segue la struttura del finale del poema Il corvo, Vincent sviene pronunciando proprio gli ultimi versi del suddetto poema:
His voice was soft and very slow.
As he quoted “The Raven” from Edgar Allan Poe.
“And my soul from out that shadow floating on the floor,
Shall be lifted – Nevermore!”[8].
Si sono qui osservate le diverse allusioni, relative a Edgar Allan Poe, presenti nel cortometraggio Vincent. È tuttavia indispensabile segnalare un dettaglio che omaggia coloro che, prima di Tim Burton, resero un tributo allo scrittore americano: nel cortometraggio oltre ai riferimenti alle pellicole di Roger Corman e all’attore Vincent Price, la voce narrante della storia è proprio quella dello stesso Price. Il tributo di Tim Burton è quindi indirizzato prima di tutto all’attore, poi a Roger Corman e infine a Edgar Allan Poe.
Edgar Allan Poe e la televisione: I Simpson
In questo capitolo si prenderanno in esame due episodi della serie I Simpson, tralasciando altre produzioni televisive[9], in quanto tale analisi può risultare di maggior interesse per i lettori del presente studio. I Simpson contiene due importanti riferimenti alle opere di Edgar Allan Poe, ovvero, andando in ordine cronologico, al poema Il corvo e al racconto Il cuore rivelatore. L’omaggio al poema Il corvo compare nel terzo episodio della seconda stagione intitolato Treehouse of Horror (in Italia La paura fa novanta), concepito come puntata speciale di Halloween. L’episodio, trasmesso negli Stati Uniti il 25 ottobre 1990, è strutturato come tre racconti brevi, ognuno di durata inferiore ai dieci minuti, in cui i personaggi de I Simpson sono protagonisti di situazioni horror. Il racconto che ci interessa in questo contesto è il terzo, in cui Bart e Lisa si spaventano reciprocamente con storie del terrore. Lisa, con l’obiettivo di impaurire il fratello, apre un libro per recitargli il poema Il corvo. La raffigurazione di tale testo è interpretata da Homer, mentre Bart personifica il corvo che lo tormenta. Nelle immagini si vede addirittura il corvo (Bart) mentre punisce Homer lanciandogli in testa alcuni libri di racconti di Edgar Allan Poe. Allo stesso modo, si può appurare che il testo coincide perfettamente con l’originale di Poe, anche se, per adattarlo al formato televisivo (probabilmente per ragioni di durata), alcune strofe sono state omesse. In ogni caso, il messaggio che arriva allo spettatore è fedele al testo di partenza[10].
Il secondo riferimento a Edgar Allan Poe, presente ne I Simpson, è riscontrabile nell’episodio intitolato La rivale di Lisa (stagione sei, episodio due), trasmesso negli Stati Uniti l’11 settembre 1994. Lisa partecipa a un concorso di diorami e si trova a competere con una compagna di classe più brava di lei in tutte le materie. Il diorama presentato dalla compagna raffigura la scena finale del racconto Il cuore rivelatore e contiene un meccanismo che fa vibrare il pavimento ed emette un leggero suono, in modo da riprodurre il battito del cuore. Lisa, furibonda e bramosa di vincere, decide di nascondere il diorama sotto il pavimento della scuola dove la giuria è impegnata a valutare le opere. Quando i giudici si accorgono che il diorama della compagna di Lisa è scomparso, Lisa inizia a sentire nella sua testa il rumore del meccanismo in esso contenuto finché perde completamente la testa esclamando: “I battiti di quell’odioso cuore!”[11].
Anche se si tratta di tributi molto brevi, questi due omaggi finiscono per dare visibilità a Edgar Allan Poe all’interno di una serie dal successo mondiale, il che contribuisce alla diffusione in ambito televisivo delle opere di uno scrittore che, nonostante la sua fama, non è poi così tanto letto come dovrebbe essere. I Simpson devono quindi essere considerati un’opera visiva che, grazie all’enorme popolarità, funge da canale per la scoperta di uno dei maggiori maestri del racconto breve da parte del grande pubblico.
Conclusioni
Alla fine di questo studio, ritengo interessante formulare anche alcune considerazioni relative alle ragioni che inducono a scegliere Edgar Allan Poe come fonte d’ispirazione per lo sviluppo di opere di genere audiovisivo. La prima di queste considerazioni riguarda il tipo di testo che viene portato sullo schermo. Poe è famoso soprattutto come scrittore di racconti, e questo ha una sua importanza poiché i racconti sono dei testi brevi. La qualità delle sue opere, sommata alla lunghezza temporale delle creazioni audiovisive, rendono i suoi scritti perfettamente adatti alla reinterpretazione sotto forma di cortometraggi, e questo è testimoniato anche dal gran numero di pellicole di breve durata basate sui suoi racconti (soprattutto Il cuore rivelatore). Allo stesso tempo, vale la pena rilevare come gli adattamenti cinematografici che a lui si ispirano siano poco numerosi: trarre da un racconto un’opera audiovisiva della durata di almeno ottanta minuti è un lavoro che richiede uno sforzo notevole, soprattutto testuale, e questo spiega anche il carattere estremamente peculiare delle pellicole di Roger Corman, che malgrado le difficoltà non si lasciò sfuggire l’occasione di rendere omaggio a Edgar Allan Poe.
La seconda e ultima considerazione allude a come lo stile scrittorio di Edgar Allan Poe si rifletta sullo schermo. Infatti, tutte le opere qui citate (eccezion fatta per la pellicola I maghi del terrore di Corman) possiedono le seguenti caratteristiche: linguaggio arcaizzante, ambientazione cupa, personaggi gotici e angoscia esistenziale che permea la maggior parte dei protagonisti. Potrebbe sembrare insolito che in nessuna delle opere cinematografiche qui analizzate si siano presi, come punto di partenza, i racconti più razionali dell’autore, tuttavia, come specificato all’inizio del presente studio, l’influenza esercitata da Edgar Allan Poe sulla cultura di massa non è mai stata analizzata a fondo. Ne consegue, che lascio la porta aperta su questa linea di ricerca per un prossimo futuro.
Informazioni aggiuntive
Note: [1] Un’eccezione è rappresentata dall’ottimo capitolo: Lionizing: Poe as Cultural Signifier, pp. 125-154, che Scott Peeples dedica a questo argomento nel suo libro (2004): The Afterlife of Edgar Allan Poe. Rochester, New York: Camden House. Vedesi anche Margarita Rigal Aragón (1998): Aspectos estructurales y temáticos recurrentes en la narrativa breve de Edgar Allan Poe, pp. 473-475. Cuenca: Ediciones de La Universidad de Castilla-La Mancha. [2] Tutti i titoli attribuiti da Roger Corman alle pellicole coincidono con quelli dei racconti, e poemi, di Edgar Allan Poe, eccetto The House of Usher tratta dal racconto The Fall of the House of Usher. [3] È importante specificare che, nel caso de Il corvo, Roger Corman ne trasse una commedia, il che suscitò parecchie polemiche. [4] Stop-motion: tecnica di animazione che consiste nel riprendere sequenze di una frazione di secondo, cambiando la posizione delle figure tra una sequenza e l’altra. La somma delle frazioni di secondo girate, assieme ai cambi di posizione, dà l’idea del movimento. [5] 2’24’’. [6] 3’43’’. [7] 4’14’’. [8] 4’56’’. [9] In Spagna, un caso molto interessante è il lavoro svolto dal regista Narciso Ibáñez Menta. [10] In Spagna, a causa del ricorso al doppiaggio, il poema è stato tradotto, anche se le modifiche apportate hanno cercato di mantenere la rima in modo da evitare che l’episodio perdesse l’intensità della voce narrante, effetto che rientrava tra le principali intenzioni degli sceneggiatori. [11] 19’20’’. Bibliografia: Baym, N. [Et al.] (1989). The Norton Anthology of American Literature. New York: Norton. Guillén, C. (1985). Entre lo uno y lo diverso: Introducción a la literatura comparada. Barcellona: Crítica. García Fernández, E. C. y Sánchez González, S. (2002). Guía histórica de cine. Madrid: Editorial Complutense. Hutchisson, J. M. (2005). Poe. Jackson University Press of Mississippi. Levine, S. and S. Levine (EDS.) (1991). The Short Fiction of Edgar Allan Poe. Chicago: University of Illinois. Mooney, S. L. (1992). Poe’s Grand Design: A study of Theme and Unity in the Tales. Ann Arbor (Michigan): University Microfilms. Pantini E. (2002): “La literatura y las demás artes”. Gnisci, A. et al. (2002). Introducción a la literatura comparada. Barcellona: Crítica Peeples, S. (2004). The Afterlife of Edgar Allan Poe. Rochester, New York: Camden House. Poe, E. A. (2004). Todos los cuentos [Traduzione spagnola di Julio Cortázar]. Barcellona: Círculo de lectores. Rigal, M. (1998). Aspectos estructurales y temáticos recurrentes en la narrativa breve de Edgar Allan Poe. Cuenca: Ediciones de la Universidad de Castilla-La Mancha. Stephen, M. (2000). English literature. Harlow: Longman.