La fiera delle illusioni – Nightmare Alley
Traduzione a cura di Annamaria Martinolli
Il presente articolo è tratto da Espinof.com, sito latinoamericano di critica cinematografica, televisiva e seriale. L’autore è Kiko Vega. La traduzione è a cura di Annamaria Martinolli.
Non è stata una passeggiata per Guillermo del Toro. Primo, perché aveva già tirato l’acqua – o meglio il mostro – al suo mulino con il pluripremiato La forma dell’acqua, e secondo, perché affrontava il progetto più classico e fuori dagli schemi della sua variegata e ricca filmografia. La fiera delle illusioni, nuovo adattamento del romanzo di William Lindsay Gresham, è qualcosa di estremamente singolare.
A metà strada tra Tod Browning e Jim Thompson, il libro, pubblicato nel 1946, presenta un desolante riflesso incrinato del sogno americano attraverso la storia di un miserabile dotato di spirito d’iniziativa che un anno dopo, nel suo primo adattamento cinematografico, avrebbe assunto il volto di Tyrone Power.
Quel film noir uscì dai canoni, poiché ottenne un budget superiore alla cifra normalmente spesa per le pellicole dello stesso genere, di solito B-movie con un cast di attori molto meno noti. Questo è forse l’elemento che maggiormente si addice al cineasta messicano e che quest’ultimo ha adattato meglio, con la sua spettacolare visione dei fatti, in una storia a tutti gli effetti appassionante. Perché La fiera delle illusioni del regista della Spina del diavolo è piena di star di prim’ordine: Bradley Cooper, Rooney Mara, Cate Blanchett, Toni Collette, Willem Dafoe, David Strathairn, Richard Jenkins, Ron Perlman… un cast che, considerando anche la scenografia, fa sì che il budget ammonti al triplo di quanto speso per La forma dell’acqua. Per fortuna, grazie alla candidatura agli Oscar proprio per la miglior scenografia, è possibile che riceva gli onori che merita.
Se il film del 1947 era un B-movie costoso, la versione di del Toro è un’altra mosca bianca. Eccessivamente costoso per una piccola opera, e troppo economico per un tripla A. Il problema? Che si ha la sensazione che un lungometraggio prestigioso come questo, rivolto a un pubblico adulto, sia destinato a finire nel dimenticatoio. Speriamo che la nomination agli Oscar come miglior film, assieme all’ultima pellicola di Steven Spielberg, West Side Story, un altro classico senza pubblico, allunghi la vita a progetti di questo tipo.
Sono passati oltre dieci anni, quasi tredici, da quando un film come Shutter Island incassava trecento milioni nel mondo. È curioso che in quella pellicola di Martin Scorsese recitasse Leonardo di Caprio, proprio la star inizialmente voluta da Guillermo del Toro. Per fortuna nostra, la scelta di Bradley Cooper è azzeccata. In questo periodo l’attore è in sala con due interpretazioni straordinarie. Per la seconda, vedesi Licorice Pizza.
La fiera delle illusioni, che si discosta, anche se non eccessivamente, da quanto siamo abituati a vedere, è un omaggio al cinema noir classico. Non ci sono elementi sovrannaturali, o scene spaventose che la rendano parte integrante dell’universo fantastico del regista, ma l’oscurità umana accentua ulteriormente la mostruosità dei personaggi e della sorte loro riservata. Come Sam Raimi in Soldi sporchi, o Tim Burton in Ed Wood – anche se in quest’ultimo caso solo in parte – Guillermo del Toro propone il suo grande film sfruttando altri codici e registri.
Il regista punta nuovamente all’Oscar al miglior lungometraggio con una storia incentrata su mostri, incubi e colpevolezza. Sulla bassezza dell’essere umano. Sono poche le cose in grado di superare il livello di una grande pellicola classica incentrata su queste tradizionali abiezioni. Speriamo che abbia la stessa fortuna di alcuni anni fa; cinema come questo non dovrebbe morire mai. Speriamo di poter vedere la versione integrale di più di tre ore e la versione in bianco e nero. Anche questo non è chiedere troppo.