Enrique Jardiel Poncela e la censura franchista
Traducción de Annamaria Martinolli
Il presente saggio breve è stato pubblicato, nel 2001, sul numero 86 della rivista de la Asociación de Directores de Escena de España, pp. 94-98. Il testo è stato poi ripubblicato sul sito della Biblioteca Virtual Miguel de Cervantes. L’autrice è la studiosa Berta Muñoz Cáliz. La traduzione è a cura di Annamaria Martinolli.
Contesto storico
Nei primi anni Quaranta del Novecento, il drammaturgo Enrique Jardiel Poncela, malgrado l’appoggio dato al sollevamento militare del 1936 e l’adesione al regime sorto dopo la guerra civile, si vide proibire molte delle sue opere, mentre altre furono soggette a pesanti tagli. Questo lo fece diventare l’autore più censurato del teatro umoristico avanguardista del decennio, visto che né i testi dei drammaturghi appartenenti al gruppo La Codorniz (Miguel Mihura, Álvaro de Laiglesia e Antonio Lara de Gavilán, detto Tono) né quelli di altri commediografi come López Rubio o Edgar Neville – solo Ruiz Iriarte ebbe seri problemi nel farsi autorizzare due opere[1] – furono mai soggetti, anche singolarmente, a totale proibizione.
La spiegazione dell’apparente incongruenza alla base della censura di un autore appartenente alla cosiddetta tendenza di Identificazione[2] (in realtà, durante gli anni Quaranta, poiché non esistevano altri modi per farsi rappresentare le proprie opere, tutti i divieti finivano per colpire proprio gli autori di questa tendenza) va ricercata nelle diverse “famiglie” ideologiche che si agglutinavano attorno al regime di Francisco Franco. Di conseguenza, vale la pena sottolineare che prima del 1941, anno in cui i cattolici di estrema destra assumono il controllo della censura, l’autore di Eloisa è sotto un mandorlo non fu sottoposto ad alcuna proibizione, mentre negli anni successivi – già nel 1943 – due sue opere che nel 1939 erano state autorizzate vennero improvvisamente vietate (I cinque avvertimenti di Satana e Avete uno sguardo da fatalona).
Paradossalmente, quando nel 1941 la gestione dei servizi di stampa e propaganda (da cui dipendeva la censura teatrale) fu tolta ai suoi principali artefici – i falangisti più assimilabili al fascismo europeo capeggiati da Serrano Súñer – la censura, passata sotto il controllo del falangista cattolico Gabriel Arias Salgado (a capo della Vicesecretaría de Educación Popular dal 1941, e del Ministero de Educación y Turismo tra il 1951 e il 1962), si fece ancora più severa grazie alla creazione di un vasto sistema burocratico volto a facilitare la persecuzione di qualsiasi forma espressiva contraria al nazional-cattolicesimo.
A questo proposito, vale la pena evidenziare il parallelismo esistente tra la proibizione di cui furono oggetto i testi degli autori avanguardisti che avevano appoggiato il sollevamento in Spagna e la postergazione subita dai fondatori del movimento futurista – il cui legame con l’opera di Jardiel Poncela è stato evidenziato da Ángel Berenguer[3] – nell’Italia di Mussolini, quando dopo il ritorno ai valori tradizionalisti, alla retorica inconsistente e trionfalistica e al culto della romanità e della patria, i suddetti fondatori furono progressivamente emarginati dall’arte ufficiale al servizio dello stato fascista, come spiegato da Victoriano Peña[4].
Censura di alcune opere dell’autore
Anche se i fascicoli relativi alle opere di cui sopra non contengono alcun documento che spieghi le ragioni della censura applicata ai testi citati di Enrique Jardiel Poncela, le cancellazioni presenti sugli esemplari censurati di entrambe le opere possono aiutarci a intuirne i motivi[5]. A titolo di esempio, analizziamo alcuni passaggi cancellati nell’esemplare di I cinque avvertimenti di Satana:
Ramón […] La donna e la cravatta che desidera lui sono sempre la cravatta e la donna che desidero io. Solo che io non ho soldi e lui sì. E siccome le donne e le cravatte, per quanto poco possano costare, costano pur sempre qualcosa, il tuo padrone può togliersi lo sfizio di averne sempre di nuove, mentre io sono costretto ad aspettare che me le passi lui. (Atto primo, pag. 229).
Ramón Chi ha detto che costa di più vestire una donna che spogliarla? (Atto primo, pag. 238).
Ramón […] se ti piace, basta dirlo. Te la cedo per poco […]. (Atto secondo, pp. 280-281).
Nei succitati frammenti, il trattamento dissacrante, tipico di Enrique Jardiel Poncela, riservato ai rapporti di coppia, si allontana eccessivamente dalla morale del nazional-cattolicesimo, e con molta probabilità fu proprio questa la ragione che determinò il rifiuto dei censori.
Per quanto riguarda il fascicolo della censura relativo a Avete uno sguardo da fatalona (vietata nel novembre 1943 e autorizzata nuovamente nel dicembre 1945[6]), le cancellazioni vanno a colpire anche la didascalia iniziale in cui si descrive l’ambiente rappresentato dalla scenografia:
(...La scena, dallo stile personalissimo, è uno di quegli appartamenti che attraggono sia le donne formali che gli uomini informali; uno di quegli appartamenti pittoreschi e voluttuosi dove tutto sembra disposto in modo tale da creare angolini intimi, in cui, molto spesso, soprattutto quando scende la notte, le presenze femminili si soffermano a lungo a chiedere dettagli e a porre domande, anche se, ovviamente, non attendono mai le risposte. Le sedute sono ampie, comode e atte a favorire qualsiasi tipo di decisione; le luci sono collocate in modo insolito, mentre la mobilia è talmente selezionata da essere inutile).
In questo caso, oltre alle possibili connotazioni erotiche attribuibili all’aspetto dell’appartamento, o alla parola “amante” che viene cancellata e sostituita con “fidanzato”, viene eliminata anche un’espressione come “Viva la Spagna!”, sostituita con “Viva il mondo!”, in quanto forse la si ritiene poco adatta ad un contesto umoristico come quello dell’opera.
Il caso di Madre (il padre di tutti i drammi)
Per alcuni mesi, l’autore si vide proibire anche Madre (il padre di tutti i drammi)[7]. L’opera fu presentata dalla compagnia di Tirso Escudero nel novembre 1941 per essere allestita al Teatro de la Comedia, e fu autorizzata con alcuni tagli. Il funzionario della censura che rilasciò l’autorizzazione, E. Romeu, la definì di “buon” valore artistico e scrisse quanto segue:
“Tutte le caratteristiche che spiccano in modo sempre più evidente nelle opere di Jardiel Poncela si trovano riunite in questo testo, che non è né una commedia, né un dramma giallo, né un dramma o altro, ma possiede un’ingegnosità e un’arguzia molto specifica, senza ricorrere a bassezze o volgarità. Il prologo è indubbiamente la parte migliore, con quell’atmosfera misteriosa che ammalia lo spettatore e lo prepara per gli avvenimenti successivi. Tutta la scena del primo atto, con i litigi e il baccano del quadruplo sposalizio, ha un movimento e uno stile dei migliori; da questo punto in poi, la pièce diventa un po’ noiosa e l’ultimo atto, con l’accumularsi di possibili soluzioni tutte false, è la parte più debole. Si respira una certa immoralità latente determinata da appropriazioni indebite, furti, omicidi e furti di identità, ma poiché tutto questo è tenuto sullo sfondo e non assume mai maggiore rilevanza, si può dire che passa in secondo piano. Il dialogo è molto movimentato e si distingue per notevole arguzia e finezza di osservazione sempre – come risulta ovvio nel caso di Jardiel Poncela – relativa al lato buffo delle cose. Testo meritevole di essere rappresentato. Autorizzazione concessa”.
L’opera fu allestita nel dicembre 1941 e poi vietata nel gennaio 1942 “per parole e concetti ritenuti contrari alla morale del Movimiento Nacional”. L’autore inviò quindi al Vicesecretario de Educación, Arias Salgado, una copia corretta del testo accompagnata da una lettera in cui chiedeva che si autorizzasse nuovamente la rappresentazione della pièce. Poco tempo dopo, nel marzo dello stesso anno, malgrado la convinzione che rilasciare un’autorizzazione dopo aver imposto una proibizione avrebbe dimostrato una certa “mancanza di rigore” da parte della censura, l’opera fu autorizzata con “notevoli tagli”. Nell’ottobre 1944, la pièce fu sottoposta a un nuovo giudizio che portò alla stesura di ulteriori verbali. In questa occasione, il religioso Constancio de Aldeaseca ne chiese la proibizione per i motivi che seguono:
“Fin dal matrimonio delle quattro sorelle con i quattro fratelli, il testo assume toni inaccettabili. Il quadruplo matrimonio, ammissibile nella sua singolarità e moralmente irrilevante, espone al pubblico ludibrio imbrogli e bassezze passati e presenti che infangano la vita privata di diversi personaggi. A mano a mano che l’opera procede verso il finale, le macchinazioni si fanno più complicate e aumenta anche il numero di comportamenti immorali portati alla luce; questo fa sì che, alla fine, quasi tutti i personaggi ne siano infangati in modi e a livelli sconfortanti. Per questa ragione, ritengo che non la si debba autorizzare. Non dovrebbe essere difficile, per l’autore, trovare una conclusione quantomeno decente attingendo al suo ricco ingegno”.
Guillermo de Reyna, in compenso, evidenziò che si trattava di un’opera senza alcuna tesi e la definì “una corbelleria molto divertente che ha già ottenuto il consenso unanime di critica e pubblico”. Per lui, il testo, dal punto di vista teatrale, era: “Straordinario. Molto movimentato e con un eccezionale dominio degli espedienti scenici”. Il suo giudizio era dunque “favorevole” alla rappresentazione. Tuttavia, prevalse il parere del censore ecclesiastico con conseguente proibizione dell’opera. Alcuni giorni dopo, i religiosi Constancio de Aldeaseca e Fra’ Mauricio de Begoña stilarono un verbale congiunto in cui proponevano una serie di modifiche. Alla fine, l’opera fu nuovamente autorizzata nel gennaio 1945. Le modifiche proposte furono:
1) Nell’atto primo, in cui compaiono le quattro sorelle intente a vestirsi per il matrimonio, è opportuno eliminare qualsiasi gesto o azione provocatoria;
2) Nell’atto secondo, va eliminata la scena in cui compaiono a letto. Basta rappresentarle in uno stato di sfinimento, sopra alcune sedie o altro;
3) Modificare qualsiasi riferimento che lasci intendere che i fidanzati persistono nell’amore incestuoso (atto secondo);
4) Il pasticcio dei gemelli deve risolversi in modo che il matrimonio sia possibile, e l’opera va corretta in conformità a questa conclusione”.
Altre pièces censurate
Alle sei, all’angolo del boulevard[8] è un altro dei testi che incontrò alcune difficoltà di autorizzazione. Guillermo de Reyna, in un verbale un po’ incoerente, specificò che l’opera non aveva alcun intento politico o religioso, e ne definì il valore letterario nel modo seguente:
“Nei limiti della breve durata di una scenetta comica, i dialoghi sono puliti, simpatici e pieni di arguzia. L’opera, affrontata in modo innocente, non risulta disarticolata, benché presenti una conclusione inaccettabile”.
Come pièce teatrale, la giudicò: “Buona. Si tratta di un’opera leggera, simpatica, divertente e scritta bene; il tipo di intreccio ne consente senza problemi l’autorizzazione, ma la tesi (cruda) che espone ne causa la proibizione”. La tesi, secondo lui, era che “tutti i mariti ingannano le mogli”. Di conseguenza, nonostante nel paragrafo riguardante le possibilità di rappresentazione avesse espresso parere favorevole, poi specificò che: “In virtù di quanto sopra esposto, sospendo il giudizio e non mi esprimo”. Il testo passò quindi nelle mani di Gumercindo Montes Agudo, che relativamente al suo valore letterario si espresse come segue: “Scritto bene. Si tratta di una commedia in un atto senza pretese; di svago e scritta con linguaggio semplice e piacevole”. In quanto al valore teatrale, scrisse: “Data la sua brevità, il movimento scenico è limitato – i personaggi sono ben tratteggiati nel loro tono burlesco e caricaturale – . I dialoghi sono vivaci, senza cadere troppo nella battuta facile, poiché già la comicità delle situazioni ha una sua semplicità. Nel “giudizio generale” dichiarò che: “L’umorismo sfoggiato dall’autore è alquanto cinico e disinvolto, un po’ triste, perché la moglie mantiene un atteggiamento deludente al cospetto dell’amica”, tuttavia, sostenne che il testo era rappresentabile perché “non contiene situazioni violente, né può ritenersi offensivo dei principi morali, visto che la tematica, affrontata in modo abbastanza pulito, ha a malapena una consistenza argomentativa”.
Il capo dipartimento della sezione teatro ritenne che questi verbali non permettessero di arrivare a una decisione definitiva. Di conseguenza, egli stesso lesse l’opera e vi riscontrò: “un certo pessimismo morale, benché smorzato dal contesto comico in cui si inserisce”; di fronte al dubbio, lasciò il verdetto nelle mani del capo della sezione di cinematografia e teatro, che diede l’autorizzazione.
Altre opere dell’autore subirono tagli di minore o maggiore portata: Quattro cuori che frenano e fanno marcia indietro (il cui titolo precedente, Morire è sbagliato, fu sostituito per ragioni politiche); Una notte di primavera senza sonno, costretta a subire quattordici tagli più la sostituzione della parola “divorzio”, ogni volta che veniva utilizzata, con “separazione”; Margarita, Armando e suo padre, i cui numerosi tagli furono giustificati in svariati modi, tra cui “ragioni di convenienza politica”. La proibizione colpì anche alcuni romanzi[9] dell’autore.
Lettere dell’autore e conclusioni
Particolare attenzione meritano le lettere scritte da Enrique Jardiel Poncela per ottenere l’autorizzazione alla rappresentazione delle sue opere. In questi scritti, l’autore utilizza lo stile retorico ufficiale del regime di quegli anni (da saluti come: “Evviva la Spagna!”, “Saluto Franco!”, “Saluto col braccio alzato!”, fino al modo di scrivere la data: “1939. Terzo anno trionfale”) allo scopo di dimostrare ai responsabili della censura la propria adesione al regime; di fatto, nella menzionata lettera a Gabriel Arias Salgado, uno dei dati che utilizza per identificarsi è il numero di appartenenza al partito unico Falange Española Tradicionalista y de las Juntas de Ofensiva Nacional Sindicalista.
È risaputo che il regime di Francisco Franco deluse le aspettative di diversi suoi sostenitori (carlisti, determinati falangisti, determinati cattolici ecc…). Lo stesso Jardiel Poncela, la cui adesione al regime fu più che altro il risultato del rifiuto delle idee socialiste e democratiche degli sconfitti che dell’entusiasmo per le ideologie dei vincitori, nel 1947 dimostrava una profonda disillusione nei confronti della politica: “Non sono mai stato né un uomo di destra né un uomo di sinistra. Mi sono sempre piaciute le idee di entrambe le fazioni e la mia ideologia eclettica si fondava su una fusione tra le due[10]”. Parole che, sotto certi aspetti, erano in sintonia con l’apoliticità che, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, fu fomentata dallo stesso governo franchista.
La censura delle opere dell’autore evidenzia dunque l’impossibilità per qualunque progetto artistico, compresi quelli che dimostravano una certa affinità con il regime, di svilupparsi liberamente in un ambiente totalitario come la Spagna dell’epoca.
Per chi sa lo spagnolo e desidera approfondire la conoscenza di questo autore, si consiglia la consultazione del blog a lui dedicato: http://elblogdejardielponcela.blogspot.it/
Informazioni aggiuntive
Breve sintesi delle opere citate nell’articolo: Eloisa è sotto un mandorlo: Commedia in due atti e un prologo in cui si narra la storia di due fidanzati, Fernando e Mariana. L’atto primo si svolge a casa dei genitori di lei, mentre il secondo a casa dei genitori di lui; la trama ruota attorno alla misteriosa scomparsa, avvenuta anni prima, di Eloisa, madre di Mariana, a cui la figlia assomiglia in modo impressionante. Con il procedere della narrazione, i personaggi si troveranno ad affrontare situazioni sempre più comiche e assurde. I cinque avvertimenti di Satana: Commedia in quattro atti il cui protagonista è Félix Coimbra, uomo dissoluto di mezza età che intesse relazioni con numerose donne per poi scaricarle regolarmente all’amico Ramón. Un giorno, dopo aver abbandonato la sua ultima conquista, incontra Satana in persona. Il diavolo gli dà cinque avvertimenti: 1) Incontrerai una donna a mezzanotte in punto; 2) Si innamorerà di te; 3) Ti pentirai di averla fatta innamorare e di essertene innamorato tu; 4) La getterai tra le braccia di un altro; 5) Tra un anno scoprirai il quinto avvertimento. Il protagonista all’inizio se ne fa beffe, ma presto si accorgerà che le cose stanno anche peggio di come pensava. Avete uno sguardo da fatalona: Commedia in tre atti. Un seduttore accanito incontra finalmente una donna di cui si innamora sul serio: Elena. Tuttavia, lei respinge i suoi tentativi di seduzione e mette gli occhi su un uomo ricco, di età molto avanzata, la cui famiglia teme di perdere ogni diritto sull’eredità. Per questo motivo, il protagonista e la famiglia dell’anziano si alleano per evitare il malaugurato matrimonio. Madre (il padre di tutti i drammi): Maximina è un’attraente vedova, madre di quattro gemelle; questo le ha permesso di ottenere un’ingente somma di denaro erogata da un ente. Con il passare degli anni, le quattro gemelle decidono di sposarsi, lo stesso giorno, con quattro gemelli ma, nel momento in cui le nozze stanno per essere celebrate, arriva Olegario, compagno di cella di Florencio, zio delle ragazze, che le informa che non possono sposarsi in quanto i futuri sposi sono loro fratelli. Dopo il turbamento iniziale, per i personaggi si apre un ampio ventaglio di possibilità su come possono essersi svolti i fatti e la commedia assume toni esilaranti. Alle sei, all’angolo del boulevard: Cecilia e Casilda, rispettivamente moglie e amante di Rodrigo, si incontrano per caso a casa di quest’ultimo. Cecilia capisce che la relazione di suo marito con Casilda è finita, però, per mettere alla prova la fedeltà di lui, si allea con quest’ultima e dà all’uomo un appuntamento fasullo. Rodrigo non si presenta e Cecilia, rincuorata, crede che lui non sia interessato ad altre donne. In realtà, le cose stanno diversamente. Quattro cuori che frenano e fanno marcia indietro: Commedia in tre atti incentrata su un elisir in grado di garantire immortalità ed eterna giovinezza. I protagonisti lo bevono nella convinzione di trovare, così, anche l’eterna felicità, cosa che invece non avverrà affatto. Una notte di primavera senza sonno: Commedia il cui titolo fa il verso a Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare (in spagnolo «sueño» significa sia «sogno» che «sonno»). Mariano e Alejandra sono una coppia di coniugi che, una notte di primavera, litigano pesantemente per futili motivi. A quel punto, Mariano decide di abbandonare il tetto coniugale. Nel corso della notte, però, un misterioso personaggio si introduce dal balcone e sconvolge le loro esistenze. Margarita, Armando e suo padre: È una parodia de La signora delle camelie di Dumas. Una giovane dalla vita alquanto dissoluta conosce un uomo con cui si diverte a inscenare il dramma di Dumas. I due si innamorano ma, il padre di lui, a differenza di quanto avviene nella storia dell’autore francese, non si oppone alla relazione ma li aiuta economicamente, nella convinzione che prima o poi si separeranno comunque per noia o astio. Note: [1] Cfr. Víctor García Ruiz, Los mecanismos de censura teatral en el primer franquismo y Los pájaros ciegos de V. Ruiz Iriarte, in Gestos: teoría y práctica del teatro hispánico, 22 (Noviembre 1996), pagg. 59-85; nonché Sociedad, prensa y autocensura en el franquismo: la frustrada recepción de Los pájaros ciegos de V. Ruiz Iriarte (1948), in Gestos: teoría y práctica del teatro hispánico, 24 (Noviembre, 1997), pagg. 119-133. [2] Mi avvalgo della terminologia proposta da Ángel Berenguer nei suoi studi sul teatro contemporaneo. Vedesi nello specifico El teatro y su historia. Reflexiones metodológicas para el estudio de la creación teatral española durante el siglo XX, in Las Puertas del Drama (Revista de la Asociación de Autores de Teatro), núm. 0 (Otoño 1999), pagg. 4-17; nonché Manuel Pérez, Apuntes para el estudio de la creación teatral española del siglo XX (Presentación esquemática del método historizador de Ángel Berenguer), in Las Puertas del Drama, ibidem., pagg. 18-21. [3] Ángel Berenguer evidenzia questo legame sia nell’ambito della sua lunga attività di docente che in un libro di imminente pubblicazione: “Nella sua pratica scenica, Jardiel Poncela riprende una tradizione ben radicata nel teatro e nell’arte del XX secolo. In realtà, i suoi concetti ricordano molto da vicino i manifesti dei futuristi, il cui riconoscimento nell’Italia fascista sarebbe servito da passaporto per gli umoristi spagnoli dell’epoca” (Historia del Teatro Español del Siglo XX, Volumen III, Madrid, Biblioteca Nueva, in corso di pubblicazione). Per quanto riguarda l’adesione di Jardiel Poncela al movimento avanguardista, vedesi Cristóbal Cuevas García (ed.), Jardiel Poncela. Teatro, vanguardia y humor (Actas del VI Congreso de Literatura Española Contemporánea, Universidad de Málaga, 1992), Barcelona, Anthropos, 1993; in particolare l’articolo di María José Conde, La vanguardia y el teatro de Enrique Jardiel Poncela, pp. 79-97. [4] Intelectuales y fascismo. La cultura italiana del “Ventennio fascista” y su repercusión en España, Granada, Ediciones Adhara, 1993, pag. 48. [5] Dossier 163-39 e 322-39, archiviati rispettivamente nelle casse 71.377 e 71.378 dell’Archivo General de la Administración Civil del Estado. (Sección de Cultura, IDD 44). [6] Dati del fascicolo dell’Archivo General de la Administración e del dossier citato. [7] Dossier 2664-41, cassa 78.000. [8] Dossier 4170-43, cassa 71.401. [9] Eva Jardiel scrive: “So che mio padre, che non fece parola riguardo alla censura dei suoi libri, non tornò a scrivere romanzi proprio per questo, per i problemi che gli creavano”. (Así era mi padre, in Sábado Gráfico, 741, 14 agosto 1971, pag. 13. Citato da Roberto Pérez, Introduzione a Enrique Jardiel Poncela, ¡Espérame en Siberia, vida mía!, Madrid, Cátedra, col. Letras Hispánicas, núm. 325, 1972, pag. 21. [10] Obra inédita, in Obras completas, vol. VI, pp. 777-862. Citato da María José Conde Guerri, Introduzione a Eloísa está debajo de un almendro. Las cinco advertencias de Satanás, Madrid, Espasa Calpe, col. Austral, 71, 1995, pag. 19. L’autore nega la sua adesione a qualsiasi movimento politico quando racconta l’attacco che subì da parte di un gruppo di esiliati spagnoli nel Teatro Artigas di Montevideo: “Mi accusarono di essere un falangista, un franchista, un fascista e non so ancora quanti altri “ista”” (Enrique Jardiel Poncela, Carta sobre su estancia en Uruguay, in Obra inédita, Barcelona, AHR, 1967, pag. 237. Citato da Luis Alemany, Introduzione a Jardiel Poncela, Pero… ¿hubo alguna vez cinco mil vírgenes?, Madrid, Cátedra, col. Letras Hispánicas, núm. 275, 1996, pdg. 25). Anni prima di dimostrare questo scetticismo politico aveva redatto testi come la apologetica Carta sobre la Guerra Civil española, dirigida al periodista mexicano De María y Campos (Obra inédita, ibidem, pp. 113-240), citato da Luis Alemany, Introduzione a La tournée de Dios, Madrid, Biblioteca Nueva, 1996, pag. 40.