Come gli editori si lasciarono sfuggire Dalla parte di Swann di Proust
Traducción de Annamaria Martinolli
Il presente articolo è stato pubblicato nel 2009 su Lire, Hors-série N°8: Á la recherche de Marcel Proust, pp. 88-89. L’autore è Jérôme Dupuis. La traduzione è di Annamaria Martinolli. Si ringrazia Jérôme Dupuis per l’autorizzazione alla traduzione.
Probabilmente quello che sto per narrare è l’incontro mancato più famoso della letteratura francese del XX secolo. La scena si svolge nell’autunno del 1912. André Gide, pilastro di una casa editrice fondata da poco ma già prestigiosa, la NRF di Gaston Gallimard, riceve il manoscritto di Dalla parte di Swann di quel Marcel Proust che egli stesso ha qualche volta incrociato a casa di una qualche duchessa. André Gide apre distrattamente il manoscritto a pagina sessantadue e si imbatte in una interminabile descrizione di un infuso di tiglio, accompagnato da una petite madeleine. Sconcertato, l’autore de I nutrimenti terrestri decide di dare una seconda rapida occhiata a pagina sessantaquattro. A proposito di una certa “zia Léonie” lo scrittore scopre il periodo seguente: “Porgeva alle mie labbra la triste fronte pallida e sbiadita sulla quale, a quell’ora mattutina, non aveva ancora sistemato la parrucca, e dove le vertebre trasparivano come le punte di una corona di spine…” Vertebre sulla fronte?! Inutile proseguire nella lettura: questo Marcel Proust non merita di entrare alla NRF. Che gli restituiscano pure il suo manoscritto, il suo Swann, i suoi infusi e le sue vertebre. E così Gallimard “perse” Alla ricerca del tempo perduto.
Marcel Proust non avrà mai molta fortuna con i suoi editori. Colui che oggi è universalmente riconosciuto come un romanziere geniale dovrà subire molti rifiuti e molte vessazioni prima di essere pubblicato. E ancora la gioia di vedere finalmente pubblicato il primo volume di Alla ricerca del tempo perduto, opera alla quale dedicherà ossessivamente gli ultimi anni della sua vita, sarà dovuta a un’edizione a spese dell’autore.
Torniamo un attimo al 1896. In quell’anno, Marcel Proust pubblica presso Calmann-Lévy I piaceri e i giorni, una raccolta di racconti e poemi illustrati da una donna di mondo amica sua, Madeleine Lemaire. L’opera è introdotta da Anatole France, a cui l’editore non può rifiutare nulla. Questo volume in edizione di lusso, venduto a quindici franchi (circa sessanta euro), ha una tiratura di millecinquecento esemplari. Alla fine della Prima guerra mondiale, oltre vent’anni dopo, solo trecentoventinove esemplari sono usciti dai magazzini della Calmann-Lévy e, come se non bastasse, molti di essi sono copie di cui Proust ha fatto dono agli amici…
Considerata questa premessa, quando il romanziere vede delinearsi la sua grande opera, all’epoca intitolata Le intermittenze del cuore, intuisce che convincere un editore non sarà cosa facile. Inizialmente, crede di poter contare su Gaston Calmette, direttore di Le Figaro, che, il 21 marzo 1912, pubblica un frammento di quello che in seguito diventerà Dalla parte di Swann. In effetti, Calmette passa il manoscritto a Eugène Fasquelle, celebre editore degli autori naturalisti, e l’affare sembra andare in porto, questo almeno dice a Proust la signora Straus – in parte all’origine del personaggio della Duchessa di Guermantes e avente libero accesso all’ambiente editoriale.
In questo contesto, tuttavia, con una rete di aristocratici il cui massimo piacere è lanciare nuovi autori nei loro salotti, si va a toccare un tasto che spiega, in parte, i fallimenti editoriali di Proust: l’autore de La Recherche è percepito come uno snob ozioso. Non ci si fida di lui. Vista l’esistenza dei ballerini mondani Proust sarebbe quindi un romanziere mondano. In una celebre lettera di pentimento, datata 11 febbraio 1914, André Gide confesserà quanto segue per giustificare la sua lettura affrettata del 1912: “Devo ammettere che vi credevo dalla parte di Verdurin, uno snob, un mondano appassionato”. Fasquelle affida il voluminoso manoscritto – settecentododici pagine! – a uno dei lettori della casa editrice, Jacques Normand, critico teatrale che scrive sotto lo pseudonimo di Madeleine. Questo Madeleine inaugurerà quella lunga serie di “rapporti di lettura” riguardanti La Recherche che, a causa della loro ostilità dichiarata, ancora oggi sono oggetto di scherno da parte degli esegeti proustiani. “In capo a settecentododici pagine di manoscritto, e dopo le infinite afflizioni dell’annegare in insondabili sviluppi e le snervanti impazienze di non riuscire mai a risalire in superficie, non si ha la benché minima idea di quale sia l’argomento del libro”, sentenzia Madeleine, prima di concludere: “La frase di Proust fugge in tutte le direzioni”, e va detto che quest’ultima definizione dello stile proustiano è tutt’altro che sciocca. Il 24 dicembre 1912 Fasquelle restituisce il manoscritto all’autore. Il giorno prima, il romanziere era stato informato del rifiuto della NRF, in seguito al giudizio sbrigativo di André Gide. Insomma, un Natale davvero buono…
A questo punto, Proust va a cercare fortuna presso un editore all’epoca molto celebre: Ollendorff. Invia, così, il manoscritto al direttore della casa editrice, Alfred Humblot. Il verdetto di quest’ultimo è rimasto celebre: “Forse sono duro di comprendonio ma per me è inconcepibile che un uomo impieghi trenta pagine per descrivere il suo girarsi e rigirarsi nel letto prima di prendere sonno”. Di fronte alla gravità di questo giudizio Proust prende una decisione capitale: “Ormai penso solo a far pubblicare il volume a mie spese”, confida all’amico Louis de Robert. E poi aggiunge, in tono straziante, sempre riferendosi alla sua opera: “Mi sento in dovere di lottare per lei, come un padre lotta per il proprio figlio”.
Un fortunato incontro salverà quel figlio. Bernard Grasset è un giovane editore, senza pregiudizi, che nel 1911, solo quattro anni dopo aver fondato la casa editrice, è riuscito a intascare il suo primo premio Goncourt pubblicando Monsieur de Lourdines di Alphonse de Châteaubriant. Proust gli chiede di pubblicare la sua “specie di romanzo” a sue spese, e a questo scopo gli propone millesettecentocinquanta franchi per la stampa immediata del volume. Bernard Grasset accetta, senza nemmeno leggere il manoscritto. Da quel momento in poi, Proust si trasforma in “editore di se stesso”, secondo la felice espressione di Frank Lhomeau e Alain Coelho nel loro Marcel Proust à la recherche d’un éditeur (edito nel 1988 da Olivier Orban): l’autore supervisiona addirittura il numero di righe per pagina – trentacinque – e il numero di lettere per riga – tra le quarantacinque e le cinquanta –, pretende un prezzo di vendita basso – tre franchi e cinquanta – e corregge instancabilmente le bozze al punto da inaugurare le sue celebri paperoles. In conseguenza di ciò, dovrà versare a Grasset altri cinquecentonovantacinque franchi per le spese generate dalle correzioni infinite… Clausola fondamentale del contratto, come si vedrà tra poco, è che i diritti d’autore restano nelle mani di Proust.
Dalla parte di Swann esce, finalmente, il 14 novembre 1913 per i tipi della Grasset, con una tiratura di milleduecentocinquanta copie. Giusto un secondo dopo gli editori che hanno rifiutato il manoscritto si rendono conto del loro abbaglio. Quando la dolce vendetta si è consumata e il libro è diventato un grande classico del piccolo mondo letterario sono Fasquelle e Gallimard a supplicare Proust di entrare a far parte della loro casa editrice. Per quanto riguarda Eugène Fasquelle, l’autore non si prende nemmeno la pena di rispondergli. Il caso di Gallimard è diverso. Il terreno è già stato preparato dalla famosa lettera di pentimento di André Gide: “Mio caro Proust, da alcuni giorni a questa parte non riesco a smettere di leggere il vostro libro. Ahimè! Perché mi deve essere così doloroso amarlo tanto?… L’aver rifiutato questo volume resterà il più grave errore della NRF”.
Gaston Gallimard vi porrà rimedio. Questo esperto cacciatore di teste moltiplica gli inviti discreti: “Se mai si presentasse l’occasione di ripubblicare o riacquistare la vostra opera, potete contare su di me; completamente e senza alcuna restrizione”, scrive a Proust. Come se non bastasse, gli propone – novità assoluta per l’epoca – di retribuirlo mensilmente (duemilacinquecento franchi). Il romanziere esita, combattuto tra la fedeltà verso Bernard Grasset e il prestigio della NRF, casa editrice a cui si sente molto vicino. Tuttavia, Grasset chiude temporaneamente la sua casa editrice a causa dello scoppio della Prima guerra mondiale. Il tempo stringe. Marcel Proust sa benissimo di avere i giorni contati e desidera vedere la sua grande opera pubblicata prima della morte. La scelta cade quindi su Gallimard. Proust ha definitivamente trovato il suo editore.
La NRF recupera i duecentosei esemplari di Dalla parte di Swann dal magazzino della Grasset – che, con le ristampe, ha venduto duemilasettecento copie in tutto – e li riveste con la celebre copertina bianca. Il secondo volume de La Recherche, All’ombra delle fanciulle in fiore, esce nel giugno del 1919. A novembre, il volume vince il Goncourt. In quell’occasione il sulfureo autore de Il sabba, Maurice Sachs, riassume alla perfezione l’ironico percorso da combattente editoriale compiuto da Proust: “Ed ecco che il più celebre successo editoriale garantito dell’anno va a un autore che fino a poco tempo fa si autopubblicava a proprie spese, e il cui manoscritto fu inizialmente rifiutato dalla NRF, mentre, in tutta tranquillità, si insinuano negli animi della gioventù colta quei nomi che, senza ombra di dubbio, avranno sempre un non so che di magico: Odette, Gilberte, Swann, Françoise; nomi che non dimenticheremo mai”.