Global Game Jam
Translation by Annamaria Martinolli
Il presente articolo è tratto da The Game: Il n’y a pas de jeu sans histoire, n. 11, avril/mai 2016, pp. 73-77, Link Digital Spirit. L’autore è Quentin Missault. La traduzione è a cura di Annamaria Martinolli.
Partiamo dalle basi. Cos’è una Jam? Una maratona creativa. Cos’è una Game Jam? Una maratona creativa videoludica. Cos’è la Global Game Jam? Una maratona creativa videoludica che coinvolge il mondo intero. Da venerdì 29 a domenica 31 gennaio 2016, in novantatre paesi, sono stati realizzati seimilaottocentosessantanove giochi da più di trentaseimila partecipanti. Un’annata record per l’ottava edizione della più grande Game Jam del mondo.
Nata nel 2008 per volontà di Susan Gold, Ian Shreiber e Gorm Lai, fondatore della Nordic Game Jam a cui si ispira, la Global Game Jam vuole essere un momento di condivisione, cooperazione e sperimentazione. Per raggiungere questo obiettivo viene richiesto che ogni squadra partecipante inventi un gioco e che ogni membro del gruppo si trovi fisicamente nello stesso posto. Ne consegue, che anche se le squadre sono autorizzate a prendere parte alla sfida da casa di uno dei membri, i Jammers preferiscono riunirsi, e questo richiede spesso un’organizzazione logistica notevole e il sostegno di diversi partner. In Francia, le sedi che hanno ospitato i partecipanti sono state ventisei. ISART Digital, istituto professionale di animazione e di attività videoludiche, situato a Parigi, è tra questi. È la settima volta che ospita nei suoi locali la Global Game Jam; quest’anno in partnership con lo studio Amplitude (produttore di Endless Legend). Duecento persone erano attese, all’interno della scuola, per prendere parte alla maratona. Tutti i posti disponibili sono andati esauriti pochi minuti dopo l’apertura delle iscrizioni. ISART mette a disposizione tutti gli strumenti necessari a vivere con serenità l’esperienza della maratona: connessione a Internet, sale relax e segreteria studenti; in quest’ultima, gli studenti si organizzano per rifocillare le truppe con crêpes e panini. Nel cortile della scuola, prima dell’inizio della Jam, è possibile incrociare persone di ogni tipo. A ventisei anni, Rémi, musicista, sta per sperimentare la sua prima maratona in qualità di sound designer: “Sono molto legato all’ambiente dei videogiochi, ma non ho mai composto musiche per questo settore. Così mi sono detto che era la volta buona per lanciarmi. È stato un amico game designer a incoraggiarmi a partecipare”. L’amico in questione, Rafael, ha venticinque anni e studia proprio all’ISART. Come lui stesso ammette, ha esitato molto prima di partecipare a una Game Jam: “All’inizio, temevo di essere solo d’intralcio agli altri e quindi ci ho messo parecchio prima di iscrivermi. Poi, però, ho preso coraggio, e adesso ne faccio tante di fila. Questa è la quinta a cui partecipo. Ho scoperto che si può sempre essere d’aiuto in qualche modo, magari apportando le proprie idee od organizzando la produzione del gioco”.
Conoscere a livello professionale l’ambiente videoludico è certamente un vantaggio quando si partecipa a una Game Jam, ma non è affatto obbligatorio; l’importante sono le idee e la voglia di condividere. Infatti, è permesso uscire dalle costrizioni dell’ambiente video: durante ogni edizione sono stati inventati anche giochi di carte e giochi da tavolo che non richiedono alcuna conoscenza di programmazione.
Alle 18, i partecipanti si riuniscono per assistere alla conferenza di apertura. Xavier Rousselle, direttore dell’ISART, e Romain de Waubert de Genlis, cofondatore dello studio Amplitude, motivano le truppe e ricordano che una Game Jam è innanzitutto un esercizio di creatività e di apprendimento: quello che conta non è il risultato, ma l’esperienza. Alla conferenza segue la tradizionale keynote video durante la quale, quest’anno, Ramez Naam, scrittore di romanzi di fantascienza, e Siobhan Reddy, direttrice dello studio Media Molecule (produttore di LittleBigPlanet e Dreams) condividono punti di vista ed esperienze sul lato creativo della competizione prima che venga annunciata la tematica da affrontare. Quest’ultima funge soprattutto da idea di fondo, in modo da incoraggiare la creatività ed evitare la sindrome della pagina bianca. Nel susseguirsi delle varie Jam, la tematica può essere rappresentata da un’idea, da una modalità di gioco o da una tecnologia da utilizzare. Durante la Indie Game Jam numero 0, tenutasi nel marzo 2002, probabilmente la prima Game Jam in assoluto, Chris Hecker (produttore di Spore) e Sean Barrett (produttore di Thief: The Dark Project) hanno messo a punto un motore grafico in grado di visualizzare sullo schermo più di centomila elementi attivi; una vera novità per l’epoca. In seguito, hanno invitato alcuni amici a creare dei giochi utilizzando il loro motore: in quattro giorni, sono stati realizzati ben dodici giochi da quattordici programmatori.
Rito
Ci siamo, la tematica è stata annunciata! I cervelli possono iniziare a fremere. I partecipanti hanno mezz’ora di tempo per definire le caratteristiche di base di un gioco e i suoi meccanismi di funzionamento attorno al tema del “rito”. Una volta esauriti i minuti a disposizione, ognuno presenta agli altri il proprio gioco, in un tempo massimo di trenta secondi, dimostrando ancora una volta che la fantasia non conosce limiti temporali. L’idea del sacrificio, o del rito satanico, ricorre più volte ma con modalità di gioco differenti (tra i titoli che vale la pena citare: BabylZebuth e Vampire vs Vampire). Giochi come Oink, invece, si riallacciano all’attualità con una serie di pinguini terroristi da stanare, mentre altri si orientano verso i riti della vita, come la musica e la famiglia, oppure, come nel caso di Jam 404, ripercorrono le quarantott’ore della Game Jam all’ISART di Parigi. Un’idea di base, tuttavia, non basta a fare il gioco e quindi siamo solo all’inizio. Le presentazioni in trenta secondi sono anche l’occasione per annunciare i profili delle persone che mancano per completare la squadra o per formarne una nuova. Comincia, dunque, una serie frenetica di “colloqui di lavoro”, attorno alle pizze offerte dallo studio Amplitude, per trovare il grafico o lo sviluppatore che aderirà al progetto.
La dimensione sociale dell’evento è fondamentale agli occhi dei creatori della Global Game Jam ed è per questo che, durante le prime fasi della maratona, vengono proposti diversi metodi di formazione delle squadre, ognuno con dei lati positivi e negativi. Il metodo adottato dall’ISART viene definito Capitalista e consiste nell’introdurre la tematica da sviluppare e permettere ai partecipanti di fare fronte comune attorno al proprio progetto. È il metodo più rapido e prolifico in termini di idee, poiché la tematica viene annunciata in tempi rapidi, ma rischia di lasciare fuori quelle persone che non trovano un argomento adatto al loro profilo. Il secondo metodo viene invece denominato Socialista e mette in primo piano l’individuo attraverso numerosi laboratori che facilitano l’incontro dei partecipanti in base a profilo ed affinità prima ancora che sia svelata la tematica. Se gli organizzatori lo consentono, i partecipanti possono passare da una squadra all’altra, anche durante la Jam. È inoltre permesso combinare i due metodi di formazione delle squadre lasciando i Jammers liberi di scegliere e integrando i “capitalisti” nella rotazione dei gruppi “socialisti”. Indipendentemente dal metodo utilizzato, l’unico obbligo è rispettare le quarantott’ore dell’evento.
Adesso sono le 20. Mentre le ultime squadre formatesi inseguono il loro grafico, gli altri invadono le sale e iniziano a perfezionare l’idea di base. Jérôme e Florian, programmatori, Caroline e Séverine, grafiche, e François, game e sound designer, hanno costituito il Team Pinguino. La maggior parte di loro si sono conosciuti alcuni anni fa all’interno dello stesso studio grafico. Oltre alla sfida della Jam, quindi, hanno avuto anche la possibilità di ritrovarsi e lavorare di nuovo insieme. “L’idea di partenza”, spiega François, “è il rito del risveglio del re. I giocatori sono i ciambellani di un re pinguino soggetto a dei disturbi ossessivi compulsivi. L’obiettivo è fare in modo che il sovrano eviti le numerose trappole che incontra lungo il cammino mentre svolge i suoi riti quotidiani. Alla fine, il re ritrova la sua amata per vivere felice e avere tanti figli, a loro volta soggetti a dei disturbi ossessivi compulsivi”. Un’idea che certamente si evolverà nel corso della Jam. Per Eddy Léja-Six, responsabile dei corsi di Game Design all’ISART, e quest’anno presente qui in veste di partecipante, la Global Game Jam è un appuntamento con la creatività e la passione: “I Jammers si ispirano spesso alle ultime tendenze, ma è anche l’occasione per uscire dai sentieri già battuti e dagli standard. È per questo che spesso, durante la maratona, vengono realizzati dei giochi appartenenti a un genere inclassificabile”. L’interesse di una Game Jam consiste proprio in questo: non ci sono regole fisse di marketing da seguire, né un pubblico da soddisfare, né caselle in cui essere inquadrati. Se gli organizzatori consigliano ai Jammers di utilizzare, per lo sviluppo, degli strumenti su cui hanno una profonda conoscenza, li incoraggiano anche a innovare nell’ambito della modalità di gioco e sul piano artistico.
Pump Up the Jam
Domenica, ore 15: la parte di sviluppo si conclude e parte la fase dei test. Il Team Pinguino ha avuto il tempo di perfezionare le ultime sequenze animate del Cammino del re, come ad esempio la morte dei nemici. L’idea di base si è evoluta portando all’eliminazione della parte legata ai figli del pinguino e ai disturbi ossessivi compulsivi per focalizzarsi sul risveglio del re e sui suoi riti misteriosi. “Siamo stanchi morti. Malgrado le ore di sonno, una Jam è sempre estenuante. Abbiamo finito il gioco e ne siamo soddisfatti, anche se c’è ancora qualche piccolo dettaglio da migliorare. La parte più difficile, per noi, anche se ci conosciamo, è stata ottimizzare la comunicazione tra i vari membri della squadra per fare in modo che ognuno lavorasse a un aspetto diverso del videogioco, ed evitare quindi i doppioni. Inoltre, ci abbiamo messo un po’ a trovare il ritmo giusto”. Rafael e Rémi, in compenso, che hanno formato il Team CTRL+F5 con altri quattro colleghi, hanno accantonato, fin da subito, la loro idea iniziale, basata sulla musica da film, per mancanza di un grafico, ma hanno ben presto optato per un gioco su un personaggio, affetto anche lui da disturbi ossessivi compulsivi, che deve uscire di casa affrontando varie disavventure (il nome scelto per il gioco è Toc-toc). Per l’animazione, si sono avvalsi di Marion, che stava dando una mano nell’organizzazione dell’evento. I test sono positivi, e Rafael ammette che: “Alla fine di una Jam, c’è sempre il rischio di sentirsi frustrati per non aver perfettamente ultimato il gioco. Ma nel nostro caso, abbiamo un inizio, una parte centrale e una fine, quindi anche se c’è qualche difetto nella coesione – a cui dovremo apportare delle modifiche – siamo soddisfatti. Siamo riusciti a rendere ludico qualcosa di serio e non avrei mai pensato di riuscire a realizzare un gioco di questo tipo durante una Jam”. Rémi, il sound designer, traccia un bilancio dalla sua prima esperienza: “È stato molto più faticoso di quanto non pensassi. Una vera sfida. Ho dovuto fare in due giorni il lavoro che generalmente svolgo in una settimana. È difficile gestire bene il tempo a disposizione in modo da prendere un po’ d’aria, riposare e mangiare. Eppure, è anche un’esperienza inebriante. Lo rifarò di sicuro, con una preparazione migliore”.
La maggior parte delle Game Jam, come la Global, non eleggono i migliori giochi e non distribuiscono nemmeno premi in denaro: i partecipanti vengono qui per divertirsi. “Tuttavia, ogni anno che passa, si nota una sempre maggiore professionalità”, osserva Frédéric Sommer, cofondatore dello studio Le Cortex e, per l’ottava volta consecutiva, partecipante all’evento. “Alcuni non vengono qui per scherzare e hanno una preparazione notevole, perché le Jam hanno sempre più visibilità e si trasformano in vetrine per farsi conoscere dagli studio o completare il proprio book. Devo confessare, nel mio ruolo manageriale, che incontrare un candidato che mi presenta dei progetti realizzati durante una Jam è per me un punto in più a suo favore”. Ogni edizione della Game Jam vede nascere idee e giochi che in seguito saranno commercializzati. Nel 2013, è stato Surgeon Simulator a distinguersi, anche per i suoi controller così originali. Nel 2014, Keep Talking & Nobody Explodes, si è fatto notare per la modalità di gioco asimmetrica e per l’utilizzo della realtà virtuale: un giocatore doveva descrivere la bomba che aveva davanti, mentre gli altri giocatori consultavano il manuale del perfetto disinnescatore per individuare il tipo di meccanismo e permetterne il disinnesco. Come Surgeon Simulator, sarà presto disponibile sulla piattaforma Steam.
Le Game Jam incoraggiano coloro che operano nel settore ludico a creare cose nuove e a superare se stessi. Tuttavia, come ci tiene a sottolineare il regolamento della Ludum Dare, un’altra celebre Game Jam, rappresentano solo una parte del lavoro: “È fatta, avete creato un gioco. Ora non vi resta che chiedervi cosa farne”.