Diana Wynne Jones, Hayao Miyazaki e Il castello errante di Howl
Traduzione a cura di Annamaria Martinolli
Il presente articolo è stato pubblicato per la prima volta sul quotidiano The Telegraph il 23 settembre 2005. L’autore è © Nick Bradshaw. La traduzione è a cura di Annamaria Martinolli. © Telegraph Media Group Limited 2017.
Nel 2004, quando, diversamente dal solito, l’Oscar al miglior film d’animazione non fu assegnato all’ultima meraviglia computerizzata di casa Pixar, DreamWorks o Disney, ma a un lungometraggio in vecchio stile, disegnato a mano, di quel mago giapponese dell’animazione che di nome fa Hayao Miyazaki, fu come assistere a un raro cenno di approvazione dell’Academy a favore della diversità cinematografica e vedere l’ultimo segnale stradale nel viaggio ventennale verso il successo di questa leggenda nativa in Occidente. Come tutti i film di Miyazaki, La città incantata è piena di stupore e magia e, in patria, ha ottenuto un successo tale da superare di gran lunga gli incassi delle pellicole precedenti del regista.
Ma se fino a poco tempo fa Hayao Miyazaki era per i suoi compatrioti un segreto ben mantenuto, la sua arte non ha mai avuto nulla di insulare visto che si ispira ampiamente alla pittura, alla letteratura e ai paesaggi europei. Se La città incantata ha riproposto Alice nel paese delle meraviglie ambientata in una spettrale fiera giapponese, il film successivo sfrutta i viaggi immaginari ancora più apertamente attraverso l’adattamento del romanzo della prolifica scrittrice fantasy britannica Diana Wynne Jones Il castello errante di Howl.
È un bell’abbinamento perché anche la Jones è una maestra nella creazione di magici mondi fantastici e viene osannata da uno stuolo di fan – anche se, curiosamente, il mondo intero sembra ignorarla – . Nelle sue vesti di autrice, Diana Wynne Jones funge da collegamento tra i maestri del fantasy del passato, come J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis (alle cui lezioni prese parte da studentessa di Oxford nella metà degli anni Cinquanta), e la nuova generazione capeggiata da J.K. Rowling e Philip Pullman; i suoi romanzi sono stati pubblicati per oltre trent’anni e la sua produzione letteraria comprende circa quaranta opere. È probabile che l’attenzione riservatale da Myazaki le permetta di conquistare una nuova schiera di lettori internazionali.
Il film è stato proiettato per la prima volta nel Regno Unito nel mese di luglio, al Cambridge Film Festival, e Diana Wynne Jones era l’ospite d’onore della serata finale. Per un attimo, ho creduto che si presentasse all’evento in uno sbuffo di fumo, anche se in realtà ha fatto il suo ingresso zoppicando, con un collarino cervicale, e affiancata da due guardie del corpo, a protezione delle sue fragili ossa, e da una terza il cui ruolo sembrava essere quello di perlustrare la città alla ricerca di una buona birra per l’ora di pranzo.
Il castello errante di Howl narra la storia di una giovane apprendista cappellaia, di nome Sophie, che si rifugia nella fortezza itinerante di un volubile mago dopo che una strega malvagia l’ha trasformata in una vecchia. Pur avendo ormai superato i settant’anni, Diana Wynne Jones mi spiega che l’ispirazione per la storia le è arrivata vent’anni fa, quando la sua intolleranza al lattosio – un vero mistero per i dottori – la costrinse per la prima volta a muoversi con due bastoni a causa del continuo zoppicare. “Non fu affatto piacevole; anzi, in effetti direi che fu un periodo grottesco”, mi dice sospirando. “Ma se non puoi farci nulla, vai avanti e basta”.
Diana Wynne Jones va avanti e, fin da un’età molto precoce, continua a superare ostacoli. “È difficile da spiegare, ma all’età di otto anni, nel bel mezzo di un pomeriggio, ebbi improvvisamente la consapevolezza che da grande sarei diventata una scrittrice”, afferma. “Soffrivo di dislessia, e il mio essere mancina non mi aiutava affatto, così l’idea di diventare scrittrice sembrava la cosa più inverosimile del mondo. Scesi le scale e lo dissi ai miei genitori, che scoppiarono a ridere, ma avevo ragione io. Questo mi ha portato a dover affrontare una lunga serie di delusioni, e ci ho messo parecchio per riuscire a farmi pubblicare”.
Il suo primo pubblico furono le due sorelle minori, con le quali è cresciuta, in solitudine, in una zona rurale poco fuori Cambridge. “Mio padre era probabilmente l’uomo più avaro che io avessi mai conosciuto”, dichiara, “non era disposto a spendere soldi in libri, così io e le mie sorelle ce la cavavamo con i volumi che riuscivamo a scroccare”. Scarabocchiate sugli eserciziari di riserva, le sue prime epopee erano un modo per riempire il vuoto. “In quel periodo, mi accorsi che scrivere qualcosa assomigliava molto a leggerla, solo più lentamente. A meno che non la si pianifichi con notevole anticipo – cosa che io non potevo fare –la trama di ciò che si sta scrivendo emerge a mano a mano che la si compone”.
Il legame esistente tra i libri dell’autrice e l’arte di Hayao Miyazaki non potrebbe essere più stretto. Entrambi si occupano di bambini, sicuri di sé, che lottano in altri mondi magici, sconcertanti e altamente mutevoli. Diana Wynne Jones afferma di essere diventata una fan di Myazaki il giorno in cui vide, durante un convegno sulla fantascienza, una versione pirata del suo Laputa: Il castello nel cielo. “Ne rimasi molto colpita”, ricorda, “al punto da guardarlo ogni volta che veniva proiettato. Era la cosa più straordinaria che avessi mai visto finché, quasi vent’anni dopo, ho ricevuto questa proposta in cui si affermava che Hayao Miyasaki era interessato a trarre un film dal mio Castello errante di Howl”.
Miyazaki è noto per la sua elusività, e il primo contatto tra i due è avvenuto quando l’autrice ha ceduto i diritti d’autore all’agente americano del regista (“Mi sono sentita come se avessi venduto i miei personaggi come schiavi”). È seguito un silenzio di diciotto mesi dopo i quali, improvvisamente, le è stato comunicato che Miyazaki le avrebbe fatto visita a Bristol, con una speciale proiezione del film organizzata in suo onore. “È stato magnifico”, dichiara. “Non ho mai incontrato, in vita mia, un uomo che avesse la mia stessa visione delle cose. Ha saputo cogliere l’essenza dei miei libri”.
La conversazione si sposta poi sugli elementi che si discostano dalla trama del libro. Uno di questi consiste nell’atteggiamento verso il male. Miyazaki non vede la malvagità come qualcosa di incorreggibile e il film toglie un simile peso dalle spalle della Strega delle Terre Desolate (che diventa la Strega delle Lande) ripartendolo tra numerosi guerrafondai e scellerati.
“Credo ci sia una ragione specifica per cui certe persone finiscono male”, asserisce l’autrice, condividendo la scelta di Miyazaki di riabilitare le canaglie. “La mia filosofia dice che finirebbero comunque male, anche senza quella ragione specifica, poiché credo esistano delle persone davvero irredimibili. Miyazaki ha sicuramente una visione della razza umana più benevola della mia”.
Diana Wynne Jones è concorde nel sostenere che una simile modifica rende la trama più confusa, e non sembra più convinta di altri riguardo al gioco che potrebbe stare giocando la maga di corte Suliman, la nuova antagonista di Howl, nel film (nel romanzo Suliman è il mago responsabile di aver bandito la Strega delle Terre Desolate e viene da questa sfruttato per colpire Howl). Ma forse la maga Suliman, proprio come Sophie e la Strega, non nutre altro che un ardente desiderio per il cuore di Howl, un dandy che, a quanto sembra, lancia un sacco di incantesimi.
“Subito dopo la pubblicazione del libro”, ammette la Jones, “ho iniziato a ricevere lettere di fan che mi chiedevano se Howl esisteva davvero e in cui mi dicevano di volerlo sposare. Adesso c’è una lunga fila di giovani aspiranti alla sua mano che fa due volte il giro del mondo”.